La partecipazione cerca di influenzare il processo decisionale e ottenere il cambiamento. La partecipazione di cui parliamo, è la partecipazione informata e volontaria che sia vera espressione, in grado di declinare, le pieghe, il particolare, la discontinuità che compone e sostanzia l’infinito potenziale delle aree rurali. Quella potenzialità che trova linfa e carburante nella diversità, nella moltitudine, nella discontinuità che caratterizza e sostanzia la dimensione rurale.
Lo sviluppo rurale necessita, come fattore costituente ed indispensabile fondamentali, dell’informazione, della formazione, dell’educazione, che vedano davvero coinvolti gli attori, le dinamiche ed i processi che animano la dimensione rurale. L’informazione e la comunicazione rappresentano fasi e strumenti centrali in tal ottica.
Nonostante ciò il coinvolgimento, la partecipazione – e, pertanto, il ruolo e l0importanza della comunicazione, sono sovente sottovalutati, ostacolati e disincentivati nelle politiche di sviluppo rurale.
Ed è per questo – anche in considerazione delle indicazioni e del futuro sviluppo elle politiche europee – come desumibile dalla PAC 2023-27, e dal Piano Strategico per la Politica agricola comune 2023-2027 promosso dal Ministero – che stanno proliferando studi, analisi e progetti volti a rafforzare il protagonismo e la centralità degli attori socio-economici territoriali, attraverso una piena partecipazione delle comunità rurali, a cui è, finalmente, riconosciuto non solo un ruolo indispensabile, ma funzione/sostanza di strumento ed obiettivo. Di massa critica, di ecosistema e di dinamo.
L’accesso alle informazioni è condizione fondamentale per una vera e costituente partecipazione.
Per poter partecipare è necessario avere accesso alle informazioni; che le stesse siano fornite e presentate in modo comprensibile, in un linguaggio accessibile e senza sovrastrutture tecnico-burocratiche che camuffino o ne rendano difficile la comprensione.
Da qui la funzione e l’importanza di attività e di strumenti – il progetto Rural Target, la web radio GRIDA, tra gli altri – volti ad informare, a rendere consapevoli e, possibilmente, partecipi gli attori, le dinamiche, le reti che animano e costituiscono il territorio e la dimensione rurale.
A questo proposito già nel 1997 Durston affermava, molto correttamente, che il l’emergente centralità riconosciuta al capitale sociale suggerisce che molti dei progetti, dei finanziamenti e delle politiche dedicate alla ruralità otterrebbero risultati migliori se venissero prese in considerazione e come fattori e variabili dei suddetti processi i sistemi e le dinamiche socioculturali presenti nei territori target.
Ciò in quanto, ormai – in piena era post-moderna e post-industriale – è condivisa e di senso comune una lettura intra-settoriale, che valuta i processi economici nella duplice dimensione della produzione materiale ed immateriale, strettamente interconnessi con le dinamiche e gli attori socio-culturali presenti sul territorio.
La teoria del capitale sociale offre un punto di riferimento fondamentale nello sviluppo di strategie bottom up e di processi di sviluppo rurali; ciò anche in quanto la reciprocità interpersonale e la cooperazione comunitaria sono due risorse tradizionali della cultura rurale e, allo stesso tempo, elementi basilari del capitale sociale.
La definizione di capitale sociale mantiene il suo fondamento nella gestione e nello sfruttamento delle risorse territoriali da parte di un sistema socio-economico che condivide e pratica uno spazio fisico e geografico, costruendo in questo processo un senso di appartenenza ad una comunità locale, nella quale, le reti di relazioni, le relazioni interpersonali sono fattore e vettore essenziali; fondamentali non solo per le strategie economiche o interessi parziali. Essenza stessa della dimensione e del sostrato che anima, costituisce e esprime i processi e le reti territoriali.
Questo ci porta al secondo elemento essenziale in questa interpretazione sistemica del capitale sociale: i membri di una comunità rurale condividono il proprio sistema socioculturale, in cui credono e sono soggetto ed oggetto alla base del sistema normativo e valoriale che regola e definisce sia le relazioni che le istituzioni sociali; in un processo di continua reciproca contaminazione.
In sintesi, si potrebbe affermare che il capitale sociale si costruisce e si forma attraverso i saperi, le relazioni, il sentire comune del tessuto sociale che vive il territorio e che condivide strumenti, modi di relazionarsi ed obiettivi.
Il paradigma del capitale sociale può dare un contributo significativo alla costruzione ed alla definizione di visioni e strategie sistemiche e proattive dello sviluppo sociale rurale. Ciò in quanto inquadra pienamente l’importanza e la centralità della dimensione e del sistema locale, puntando sui fattori di forza e sulle competenze delle reti, attori e soggetti territoriali.
Questo tessuto socioeconomico, che alcuni autori chiamano capitale sociale, e in altri casi, il capitale culturale delle comunità, comprende le istituzioni informali della comunità rurale, ed è anche una rete di scambi di beni e informazioni di vitale importanza per promuovere la partecipazione. Dimensione che abbisogna di coinvolgimento, informazioni e strumenti per coagularsi, contribuire e declinare in termini funzionali, sistemici ed eccedenti la strategia di sviluppo.
Spazi, momenti, laboratori e strumenti di comunicazione ed informazione sono elementi imprescindibili per praticare davvero lo sviluppo rurale.
Chiaramente aprirsi alla partecipazione vuol dire mettere in discussione consolidati rapporti di biopotere e filiere clientelari; richiede governance e nessi istituzionali attivi e competenti, informati e funzionali. Rapporti e filiere che non solo sono espressione di poteri ed interessi sedimentati sui territori, ma, soprattutto, troppo spesso sono funzionali alle governance regionali e nazionali che prediligono favorire e praticare rapporti statici e consolidati.
Aprirsi alla partecipazione comporta rischi e vantaggi. Senza dubbio i vantaggi nettamente maggiori e più sono più tangibili dei rischi. Ciò che serve, quindi, è la capacità e la volontà di scegliere, di praticare davvero politiche e strumenti in grado di dare pieno e reale sviluppo alle dinamiche bottom up.
Credere nello sviluppo rurale enelle energie, potenzialità e competenze che sottendono lo stesso.




