I servizi socio-sanitari come elemento imprescindibile per la qualità della vita in zona rurale e come opportunità di sviluppo territoriale: delocalizzazione e multifunzionalità come strumenti di innovazione sociale

L’appuntamento del 7 luglio realizzato al Comune di Arce, con ricchi e importanti collegamenti da altre location e realtà, ha rappresentato un vero e proprio laboratorio progettuale durante cui non solo si è affrontato, approfondito un macro-tema, un universo come quello dell’agricoltura sociale, ma, soprattutto, hanno trovato spazio, voce e condivisione idee, progettualità e proposte atte a definire e praticare processi, sinergie e strategie sul GAL terre di Argil e nel Lazio Meridionale volte a dare piena espressione alla dimensione agro-rurale quale dimensione e frontiera di sperimentazione e pratica di nuove forme e sistemi di integrazione sociale.
Garantendo reddito alle imprese, rafforzando la qualità dei servizi al cittadino e migliorando i livelli di welfare: con possibili sgravi e minor costi per il sistema sanitario.
Al centro di tali ragionamenti vi è indubbiamente l’importanza di una vera e piena valorizzazione della multifunzionalità, che passi attraverso una chiara e forte strategia condivisa e costruita da attori pubblici e privati, nonché l’imprescindibile rafforzamento di dinamiche e processi di cooperazione ed ibridazione.
Partendo dal necessario processo di crescita delle competenze, condivisione dei saperi e ruolo guida e trainante delle realtà e dei soggetti che già sono leader e forieri di buone pratiche in ambito di servizi, cooperazione e sviluppo rurale. Con una connessione continuativa e costituente con il mondo della ricerca e con un sistema integrato e funzionale di saperi.
Un incontro che – come, volendo, potete riscontrare ed approfondire attraverso il video report della giornata presente sul sito dell’Associazione Lazio Rurale – è stato animato da molti interventi e diverse chiavi di lettura; da analisi e proposte; da critiche e suggestioni. Caratterizzate da una chiave di lettura ed una matrice comune: coniugare in termini forti e costituenti le dinamiche di sviluppo rurale con l’idea, i percorsi, le possibilità offerte dal binomio -costituente e mai statico – tra agro-rurale e sociale.
Fondamentali in tal ottica i contributi e le relazioni del Presidente Daniele Del Monaco e della Direttrice Manuela Mizzoni; oltreché chiaramente della relatrice della giornata la Dottoressa Maria Grazia Euterpio.
Ciò che ormai comunemente viene definito agricoltura sociale è costituito nei fatti da un insieme di interventi anche molto differenti tra loro, caratterizzati dall’uso della risorsa agricola e dall’attività con persone con differenti problematiche, connessi a pratiche e riferimenti teorici che non sempre presentano tratti comuni. Non si tratta solo di tecniche specifiche di intervento rivolte, ad esempio, a persone con patologie o disagi sociali particolari, ma spesso anche di modalità di progettazione e intervento che si differenziano per motivazioni, percorsi, approcci.
Un aspetto che caratterizza le migliori esperienze di agricoltura sociale è l’apertura alle competenze presenti nel territorio, determinata in parte dal tessuto locale (presenza o meno di servizi disponibili alla sperimentazione di percorsi diversi dai tradizionali) e in parte dalla tendenza dei promotori a lavorare con il territorio.
La costruzione di reti di relazioni sostanziali e costanti nel territorio rappresenta un’altra caratteristica peculiare dell’agricoltura sociale, a differenza di altre realtà coinvolte nella terapia occupazionale e/o che utilizzano il verde. I soggetti con cui le esperienze analizzate hanno rapporti più o meno stabili e frequenti sono diverse; si va dall’associazionismo alla cooperazione sociale, dalle imprese e aziende familiari del territorio (più o meno esteso) ai servizi socio-sanitari, dalle istituzioni alle famiglie.
Tali reti si rafforzano e consolidano con il tempo, includendo di volta in volta nuovi e diversi soggetti, sensibilizzati e interessati alle pratiche di AS attraverso processi di conoscenza e contaminazione.
L’AS quindi può essere letta anche come pratica di innovazione sociale, in quanto accanto all’offerta di servizi nuovi in risposta a bisogni poco o male soddisfatti altrove offre anche percorsi innovativi di costruzione dei servizi stessi, che vedono il coinvolgimento e la partecipazione attiva di più soggetti. L’innovazione sociale, da questo punto di vista, si configura come la produzione di una nuova idea (prodotto, servizio, modello) che allo stesso tempo incontra bisogni sociali e crea nuove relazioni o collaborazioni sociali (Murray, 2010), superando la dicotomia tra innovazione sociale di processo e innovazione sociale di prodotto (out come).
Dal punto di vista del processo, assume notevole importanza la creazione di reti formali e informali di relazioni tra diversi soggetti, che contribuiscono a vario titolo all’ideazione, concretizzazione e sviluppo dell’innovazione sociale.
In particolare, la partecipazione attiva dei beneficiari al processo di sviluppo delle innovazioni ha un ruolo cruciale, con un ampliamento delle potenzialità e delle modalità di utilizzo dell’approccio dell’empowerment. In questo senso, si può affermare che l’agricoltura sociale si configura come un processo di autoapprendimento, e che si distingue nettamente rispetto ad interventi di assistenza e supporto, anche nei casi in cui si fa uso della risorsa agricola o del verde.
Insomma, in questa prospettiva, l’agricoltura sociale si presenta come strategia complessiva per il miglioramento della qualità della vita non solo delle singole persone che sono coinvolte nelle diverse pratiche, ma più in generale della comunità locale, secondo quello che possiamo definire un nuovo paradigma per l’agricoltura europea, capace di garantire processi produttivi multifunzionali e di rispondere alla crescente richiesta di valore non solo economico che emerge dalle società postmoderne.
L’agricoltura sociale, specie in Italia, può rappresentare un argine ed una risposta alla continua e costante contrazione del welfare e della quantità e qualità di servizi al cittadino; una risposta che prova a legare insieme, tramite processi produttivi veri, la gestione della terra, la produzione di cibo locale, l’erogazione di servizi alla persona, nelle aree rurali più fragili, come nelle aree periurbane. Oppure, diversamente, essere conseguenza della privatizzazione del bene salute.

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